Corporate Governance: come Evitare che il Management si Rubi i Soldi
Dec 17, 2021
Hai mai sentito parlare di ESG?
È un termine che identifica dei fondi che dovrebbero investire secondo principi etici oltre che economici. Concretamente, ESG sta per Environment, cioè ambiente, Social, politiche sociali, e Governance, governo dell’azienda.
Non metto in dubbio che sia importante che le aziende debbano stare attente al rispetto dell’ambiente e delle politiche del lavoro, ma dal punto di vista di noi investitori, la corporate governance, cioè il governo dell’azienda, è sicuramente la cosa più importante.
Anzi, direi che è una delle cose più importanti in assoluto di quando si investe, anche se, al di là della moda dei fondi ESG, non se ne parla molto.
In questo articolo, vediamo bene che cos’è la corporate governance, perché interessa così tanto a noi investitori, e come possiamo capire se è portata avanti correttamente quando scegliamo un fondo.
Infine, vedremo come la corporate governance influenza la performance dell’azienda, con due esempi concreti: un’azienda con buona governance e una dove non funziona.
Perché la corporate governance è importante?
Partiamo subito da un esempio: hai presente le piccole e medie imprese?
Se ne parla tanto in Italia, sono tantissime e si dice che siano la spina dorsale della nostra economia. Ecco, la piccola e media impresa è caratterizzata da una figura importantissima: il padrone (da noi in Veneto si dice: el paron).
Il padrone, che in genere è il fondatore o comunque appartenente alla famiglia del fondatore, opera in maniera quasi dispotica all’interno dell’azienda: sa tutto, decide tutto, spesso anche si occupa di tutto.
Ed è anche giusto che sia così visto che l’azienda è sua, anzi direi che è normale, nessuno si mette a questionare l’autorità del padrone.
Perché è importante questo: perché nella piccola e media impresa, la proprietà coincide con il controllo. L’azienda è di proprietà del padrone, il padrone si auto-nomina amministratore delegato, e comanda, cioè ha il controllo.
Pensiamo adesso a una società quotata.
Quando compri azioni di una società, diventi co-proprietario di quell’azienda. Diciamo che ogni azione è una specie di atto di comproprietà dell’azienda. Se compri un’azione Apple, diventi proprietario di Apple assieme ad altre migliaia di investitori. Fa strano vero, però è così: per una piccolissima parte, sei proprietario dell’azienda che compri.
Domanda: hai anche il controllo?
Mica tanto: sarebbe bello vero, comprare un’azione Apple, andare a Cupertino, piazzarsi in un ufficio, magari prendere un po’ di gadget aziendali, un po’ di iPhone da regalare agli amici, qualche Mac, un paio di iPad. Tanto è roba mia, sono proprietario.
E invece non si può. Perché se tutti lo facessero, Apple non riuscirebbe più a lavorare e fallirebbe domani.
Nelle aziende quotate, proprietà e controllo sono separati. Gli azionisti hanno la proprietà, e i manager hanno il controllo.
Hai presente la parola CEO, acronimo di chief executive officer. Cosa vuol dire executive: che ha il potere di eseguire, che ha il potere di fare.
Da noi in Italia si dice AD, Amministratore Delegato, cioè che ha la delega degli azionisti ad amministrare l’azienda per conto loro.
Questa separazione, che ha mille sfumature, perché ci sono anche i casi dove il fondatore ha ancora il controllo, ma quello è un tema a parte, comporta un problema fondamentale, che è chiamato il problema dell’agenzia: noi azionisti, che incarichiamo dei manager per gestire la nostra azienda, come facciamo a essere sicuri che questi la gestiscano veramente nei nostri interessi e non si riempiano le tasche coi nostri soldi?
La corporate governance si occupa esclusivamente di risolvere questo problema.
Se la corporate governance funziona bene, otteniamo il migliore dei mondi possibili, perché noi azionisti abbiamo dei bravi manager che gestiscono l’azienda molto meglio di quanto potremmo mai sperare di fare noi, e lo fanno nei nostri interessi, nel senso che l’azienda guadagna, e alla fine dell’anno noi azionisti ci dividiamo un bell’utile.
Se invece la corporate governance funziona male, l’azienda non va avanti: i manager usano il controllo a loro vantaggio, generalmente spendono e spandono con i soldi dell’azienda, cioè i nostri, e non si curano del business, che alla lunga performa male, in certi casi malissimo, pensa al caso Parmalat dove il management si era fatto addirittura un bilancio separato informale per tutte le sue spese, e sappiamo com’è finita.
Adesso capisci perché è così importante la corporate governance?
Cosa vuol dire avere una buona corporate governance?
In realtà la corporate governance varia un po’ da paese a paese
Nel mondo occidentale, i modelli che si sono imposti sono quello tedesco e quello anglosassone.
A parte Germania, Olanda, Austria, e altri paesi del centro-nord Europa, che hanno una corporate governance molto particolare per cui assieme agli azionisti partecipano anche i dipendenti, gli altri paesi, inclusa l’Italia, usano una forma di corporate governance anglosassone.
Come puoi immaginare, il modello anglosassone è molto pragmatico e molto secco.
Come funziona: l’assemblea degli azionisti, dove ci siamo noi investitori, elegge i membri del consiglio di amministrazione, il CDA (in inglese il board of directors).
Questi direttori devono rappresentare gli interessi degli azionisti nei confronti degli amministratori (il top management). Warren Buffett dice che i direttori devono essere come dei pitbull, dei cani da guardia che tutelano gli azionisti, e che rappresentano gli interessi dei soci assenti, visto che noi in CDA non ci andiamo.
Che cosa fanno i direttori:
1) Decidono lo stipendio dei manager
2) Controllano l’operato dei manager
3) Approvano o disapprovano operazioni straordinarie come fusioni o acquisizioni proposte dai manager.
Attenzione, i direttori non si occupano di strategia, quello è compito del management. I direttori si occupano solo di rappresentare i nostri interessi davanti al management.
Se i direttori sono così importanti, è importante che vengano eletti i migliori, giusto?
Nessuno di noi va in assemblea a votare per le aziende di cui siamo azionisti, è una cosa rarissima, anche perché generalmente la quota che un piccolo investitore possiede è talmente piccola che poco cambia.
Chi è che vota invece, e che conta: il gestore del fondo con cui investiamo, perché lui sì che ha i numeri, e in realtà questo era uno dei motivi per cui sono nati i fondi d’investimento 100 anni fa.
Siccome la miriade di piccoli azionisti non votava, l’idea era quella di convogliare le risorse degli investitori in un fondo, che a quel punto aveva un peso rilevante in assemblea e poteva votare sulla base di ciò che conveniva agli azionisti.
Pazzesco vero?
Noi tutti pensiamo al fondo d’investimento solo da un punto di vista finanziario, e invece ha un ruolo fondamentale nella corporate governance: quando investi in un fondo, di fatto stai delegando al gestore del fondo il tuo voto in assemblea.
A questo punto immagino ti sia venuta in mente una domanda: ma come faccio io a sapere come vota il mio gestore in assemblea?
Come sapere come vota il proprio gestore in assemblea
Intanto, complimenti perché è un’ottima domanda. Tutti sbandierano i ritorni, ma i voti in assemblea sono molto più difficili da recuperare.
Come si fa: bisogna guardare gestore per gestore sul loro sito o in documenti ufficiali.
In genere i gestori più attenti alla corporate governance compilano un rapporto annuale dicendo su cosa hanno votato, come hanno votato, e perché.
Ad esempio, ti mostro il rapporto di corporate governance di DWS, il gestore tedesco che forse conosci come Xtrackers.
Fonte: DWS
Vedi che ha votato contro il management per quasi un voto su quattro, che è parecchio, e che i voti contrari riguardano per la stragrande maggioranza l’elezione dei direttori e il compenso dei manager.
Cosa significa: il manager propone un direttore di cui è dubbia l’indipendenza? Non lo si elegge! Oppure, il management propone un compenso amministratore ritenuto eccessivo? Non lo si vota, ci si oppone!
Ecco, questo è quello che io come investitore mi aspetto dal fondo in cui investo, mi aspetto che il gestore sia vigile e applichi una buona corporate governance, cioè si opponga ad azioni da parte del management che non sono nel mio interesse.
Corporate governance in aziende singole
Per quanto riguarda invece aziende singole, stessa cosa, anche lì bisogna andare a vedere come l’azienda tratta i problemi di corporate governance.
Vediamo due esempi di aziende, una con una corporate governance pessima e una ottima.
Allora, le due aziende sono in settori diversi, uno relativamente facile, cioè la cosmetica, e uno abbastanza difficile, cioè il retail fisico, che da qualche anno con l’avvento di Amazon sta facendo una gran fatica.
Partiamo con quella dove la corporate governance non funziona, Coty.
Coty è una grande azienda della cosmetica, che forse conosci per prodotti come il bagnoschiuma Adidas per gli uomini e il Rimmel per le donne.
La cosmetica è uno dei pochi settori dei beni a largo consumo che sta crescendo tantissimo. Chiunque sia stato in Asia sa che la cosmetica è apprezzatissima e man mano che il tenore di vita in quei paesi sale, la cosmetica sarà sempre più usata.
Quindi stiamo parlando di un’azienda in un settore in crescita con un’ottima gamma di prodotti.
Eppure, dal 2013, anno in cui Coty si è quotata, gli azionisti hanno perso il 43% del proprio del capitale.
Fonte: Morningstar
Quando un’azienda in un settore in crescita va così male, c’è chiaramente un problema di corporate governance.
I problemi nella governance di Coty sono pervasivi.
Ti ricordi prima quando ti ho detto stai attento alle acquisizioni, perché fanno figo, le aziende vanno sui giornali, sembra che stiano conquistando il mondo, e spesso infatti le motivazioni sono personali e non nell’interesse degli azionisti.
Coty ha comprato numerose aziende di cui poi non ne ha fatto niente: un esempio incredibile è Younique, un’azienda che vende cosmetica online, che ha comprato per 600 milioni nel 2017 per poi rivenderla a 50 nel 2019, quindi perdendoci il 90% in due anni.
Oppure nel 2016, Coty ha comprato 41 marchi da Procter & Gamble per poi scoprire che Procter non ci aveva investito per anni, e quindi 3 anni dopo Coty ha dovuto svalutare per quasi 4 miliardi (insomma, Procter gli ha rifilato la sola, come si suol dire).
Ma dove erano i direttori, che devono vigilare sul fatto che i soldi degli azionisti vengano ben spesi?
I direttori erano troppo impegnati a riempirsi le tasche con i soldi degli azionisti. Pensa, un direttore di un’azienda americana prende circa 300.000 dollari all’anno, che è tantissimo secondo me, però questo è un dato medio e prende dentro anche le aziende enormi.
Bene, i direttori di Coty prendono 800.000 dollari all’anno, quasi tre volte la media.
Come possono opporsi al management se sono i primi a riempirsi le tasche? Semplice, non lo fanno.
Comunque, da settembre 2020 Coty ha un nuovo CEO, che viene da L’Oreal. Quando si prende un CEO da fuori, specialmente da un concorrente che sta andando bene, generalmente è per portare cambiamento, il che denota che l’azienda riconosce di avere dei problemi.
Quando un’azienda riesce a cambiare è sempre tanto di guadagnato per tutti, quindi buona fortuna.
Ora invece vediamo un esempio di ottima corporate governance in un settore difficile, quello del retail fisico, la vendita al dettaglio, che, come sai, sono anni che è sotto pressione.
L’azienda si chiama Costco, in Italia non c’è ancora ma è un po’ l’equivalente americano di Lidl e Aldi, cioè un discount.
Durante un periodo in cui tante aziende retail hanno fatto fatica, Costco ha aumentato l’utile del 20% all’anno, e le azioni si sono comportate di conseguenza: il ritorno totale per gli azionisti è stato più di 5 volte il capitale investito nel 2011, considerando anche i dividendi.
Fonte: Morningstar
Guardiamo il management: il CEO è pagato circa 7 milioni e mezzo di dollari all’anno, che per gli standard americani per un’azienda che vale 150 miliardi di dollari non sono poi così tanti.
Ma la cosa importante è che il CEO è pagato sulla base dei risultati raggiunti a livello di business, come ad esempio le vendite e gli utili, non sulla base del prezzo delle azioni, che è una misura che conduce solo a speculazioni di breve termine.
Quindi vedi la differenza abissale tra una buona corporate governance anche in un business difficile rispetto a una cattiva corporate governance in un business relativamente facile.
Conclusioni
Come vedi, la corporate governance è un tema importantissimo, ampissimo, con tante sfumature: per esempio non abbiamo parlato della corporate governance in paesi esotici come il Giappone o la Corea, che hanno un modo di fare tutto loro.
Per non parlare dei mercati emergenti, che sono paesi con un alto indice di corruzione per cui una buona corporate governance, con speciale enfasi sulla correttezza dei conti, è essenziale.
Però spero di averti dato delle basi che puoi usare per valutare la corporate governance delle aziende dove vuoi investire, anche se, come ho detto prima, la cosa migliore sarebbe investire nei fondi e che fossero loro a occuparsi di questi problemi.
Infatti, nel mio videocorso Accumulare Capitale, il corso dedicato a chi vuole investire per il lungo termine in autonomia, ho dedicato un intero capitolo a capire come valutare l’attività di corporate governance di un gestore.
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